Una madre tra le nuvole, ai limiti della pazzia, e un padre rigoroso, ai limiti del maniacale.
Lei che inventa di continuo giochi e scherzi, dispetti e cattiverie, lui che subisce, spesso senza capire, o che resta in silenzio, affascinato o stremato dalla stanchezza. Lei irrequieta,
surreale, appassionata di fiabe e volatili e preistoria e costellazioni, lui che crede solo nelle scienze esatte e sembra sempre attonito di fronte a lei. Si amano molto, litigano ferocemente. Questa è forse l’unica cosa normale di una famiglia un po’ particolare.
In mezzo, una bambina confusa, Grace, che si diverte e soffre in parti uguali. Adora entrambi i genitori, la dolcezza di lui che le costruisce una casa delle bambole perfetta, la follia di lei che le racconta storie strane e affascinanti e a volte la abbandona, in strada o nel deserto, oppure la sgrida senza motivo.
Tutto il libro è come una di quelle giostre su cui passavo ore da piccola. Una specie di altalena, “tavola oscillante” o “altalena basculante” secondo i dizionari, seesaw in inglese.
In italiano non ha un corrispettivo altrettanto bello e onomatopeico, ma esiste eccome perché ci ho giocato per anni. Io la chiamavo “l’appeso”. Uno si mette da un lato, uno dall’altro, e ci si spinge a vicenda con le gambe. Oppure, nella versione sadica, il più pesante fa rimanere in aria l’altro.
Ecco, traducendo la Offill mi sentivo sempre appesa. Un po’ perché la protagonista è una bambina di otto anni, ma l’io narrante è lei qualche anno dopo, e quindi parla come una bambina adulta.
E poi perché c’è una tensione continua, lieve, costante.
Anna, la mamma onnipresente, è un fascio di irrazionalità. Ti fa ridere, ti commuove, vorresti strozzarla. Pensi, che meraviglia avere una madre così, che ti insegna una lingua inventata e ti fa credere di essere stata una spia. Però subito dopo decidi che no, è pazza, rinchiudetela, è insopportabile, una madre snaturata che fa soffrire le persone che ama, a volte solo per capriccio. Insomma, non si capisce mai cosa le passa per la testa. Un personaggio imprevedibile, wild come i rapaci con cui lavora.
Che dice alla figlia cose tipo «Vieni con me in Thailandia. Cavalcheremo gli elefanti nelle strade luccicanti. Ci guadagneremo il pane sprimacciando cuscini in una fumeria d’oppio. Balleremo nei locali in costumi fatti di banconote da cento dollari. Ci faremo chiamare Le Belle Gemelle».
Mentre ridi o la ascolti raccontare, pensi sempre: adesso fa qualcosa di terribile. Adesso succede una disgrazia.
Grace guarda, ascolta e cerca di capire la mamma che le spiega cos’è l’amore o la morte o una galassia. Esprime concetti da bambina, ma non con parole infantili.
Nella scelta delle parole, in tutto il libro, questa tensione tra alto e basso è stata cruciale: bisognava restare sempre in equilibrio, né troppo su né troppo giù. Seesaw.
Non leggo quasi mai i libri che devo tradurre, o meglio, quelli che voglio tradurre di sicuro. Ci sono due scuole di pensiero, i traduttori che leggono tutta la produzione di un autore e quelli che si mettono subito all’opera. In genere leggo un capitolo e lo traduco lentamente, per capire la voce, poi l’architettura, poi le impalcature e tutto il resto. Questo libro invece – regalo dell’autrice – l’avevo letto pian piano, per sentire Grace, per cercare di capire Anna, e anche cosa provavo io. A un certo punto avevo rallentato, come quando si assapora qualcosa di delizioso, come la torta di compleanno che Anna prepara per Grace, con la glassa blu e verde, oceani e continenti. Volevo che durasse all’infinito.
Poi mi ero fermata, a tre quarti. Non volevo sapere come andava a finire. Preferivo restare appesa, sospesa, ignara, nel caso avessi potuto tradurlo, chissà. E sono felice di aver seguito l’istinto perché, lavorando, sentivo quella corda incredibilmente forte che mi tirava verso una fine di cui non sapevo nulla. La corda di quelle parole tese conteneva mille presagi.
E infatti alla fine cambia tutto, succede davvero qualcosa di terribile, ma rimane sempre quell’altalena di follia e dolcezza.
(English)
A mother in the clouds, bordering on madness, and a strict father, bordering on manic. She constantly invents games and pranks, she is wicked, mischievous; he suffers, often without understanding, or remains silent, fascinated or exhausted by fatigue. She is restless, surreal, passionate about fairy tales and birds and prehistory and constellations, he believes only in the exact sciences and always seems stunned in front of her. They love each other, they fight fiercely. This is perhaps the only normal thing about this peculiar family.
In the middle of all of this is Grace, a confused eight years old, who enjoys and suffers life with them. She loves them both: her sweet father who disappears for days in the basement to build a perfect dollhouse for her, and her odd mother who tells her strange, fascinating stories, and at times abandons her on the street or in the desert, or shouts for no reason.
The entire book is like one of those rides I spent hours on as a child. In Italian we don’t have an equally beautiful word for seesaw. I used to call it “sospeso”, dangling, suspended. I would get on one end of the plank, my friend perched on the other, and we’d push each other up with your legs. Or, in the sadistic version, whoever was the heaviest forced the other to remain up there, in the clouds.
Translating Offill I felt constantly suspended. Partly because the narrator is an older version of Grace. And also because I felt a constant, subtle tension throughout the book.
The omnipresent irrational mother makes you laugh, she moves you, and sometimes you just want to strangle her. And you think, how wonderful to have a mother like that, who teaches you an invented language and makes you believe that she was a spy. But a bit later you decide that in fact she is insane, unbearable. A “degenerate mother” that hurts those she loves, sometimes just on a whim. You never fully understand what goes on in her mind. An unpredictable character, “wild” as the birds of prey she works with, who tells her daughter things like “Come with me to Thailand. We’ll ride elephants through the shining streets. We’ll earn our keep plumping pillows in an opium den. We’ll dance on stage in costumes made of hundred-dollar bills. We’ll call ourselves the Beautiful Twins. ”
While you laugh, or listen to her stories, you keep thinking: now she does something terrible. Now something terrible is going to happen.
Grace looks, listens and tries to understand her mother explaining what love or death or a galaxy is. Grace expresses concepts as a child, but not with childish words.
In my choice of words, throughout the book, this tension between high and low was crucial: it was necessary to remain always in balance, neither too high nor too down. Seesaw.
I never read the books that I’m offered to translate, or rather, those I want to translate for sure. There are two schools of thought: the translators who read the entire production of an author and the ones who get to work immediately. Usually I read a chapter and translate slowly, to understand the voice, then the architecture, then the scaffolding and all the rest. With this book – gifted by the author – it was different. I had read it slowly, to feel Grace, to try to understand Anna, and also what I felt. At one point I had to slow down, as when one tastes something delicious, like the birthday cake that Anna prepares for Grace, with blue and green icing, oceans and continents. I wanted it to last for ever. Then stopped, at three quarters of the book. I refused to know how it would end. I preferred to remain hanging, suspended, unaware. And I’m glad I followed my instinct because, while I was working, I felt that incredibly strong rope that was pulling me towards an end of which I knew nothing. The rope of those tense words contained a thousand omens.
At the end everything does change, something terrible really happens, but that swing of madness and gentleness remains.